In pura e concreta forma

Per una visione della visione

gennaio 2023

Samira Guadagnuolo per WARSHADFILM

 

Nella grotta di Hohle Fles - in Germania - è stata ritrovata una statuetta raffigurante un uccello in volo risalente a 30000 anni fa.

Chi fu l’uomo che ha trasformato un pezzo di avorio in una forma nuova, cambiando così per sempre il destino umano?

 

E’ stato il volo degli uccelli, il loro canto fatto di aria?

La loro capacità di stare sulla terra e alzarsi verso il cielo, raggiungendo un elemento tanto distante e inaccessibile, quasi non dipendessero dalle nostre stesse leggi naturali?

E’ stata la loro capacità di partire e tornare e - metaforicamente - staccarsi dalla terra, che ha fatto sorgere il desiderio di dare forma a questa fascinazione e a questa immaginazione?

 

La natura specifica del linguaggio e dell’attività artistica risiede nella distanza. Ma quale distanza e da cosa?

Dall’esistenza immediata e dall'esperienza immediatamente vissuta. Volgendo lo sguardo verso un’immagine dell’esperienza e avvicinandosi ad essa come ad una soglia in grado di condurre a nuovi livelli di significato.

 

Ed è a questo essere lontano, a questa capacità paradossale di concepire l’esistenza cui l’uomo deve la sua grandezza, che si ispira la prospettiva ( a volo d’uccello, con uno, due o tre punti di fuga ) che appunto consente una visione inaudita del mondo.

 

Alla suggestione del volo appartiene la funzione dell’immaginazione e all’immaginazione appartiene la visione.

 

In un famoso sermone Meister Eckhart, il mistico medievale, spiega: “Mentre venivo qui oggi, meditavo sul modo di predicare a voi per poter essere compreso, e mi è venuto in mente un paragone. […] Il paragone aveva a che fare col mio occhio e col legno: se il mio occhio è aperto, è un occhio; se è chiuso, è lo stesso occhio. Reciprocamente niente si aggiunge o si toglie al legno nell'essere visto. Ma ora comprendetemi bene! Se accade che il mio occhio, uno e semplice in sé stesso, sia aperto e rivolto con lo sguardo al legno, ciascuna delle due cose rimane quella che è, e tuttavia, nel compimento della visione, divengono a tal punto una cosa sola, che si può dire con verità occhio-legno, e il legno è il mio occhio. Se anche il legno fosse immateriale e puramente spirituale come la visione del mio occhio, si potrebbe dire effettivamente che, nel compimento della mia visione, il legno e il mio occhio si trovino in un solo essere.”

 

La visione ha la capacità di spostare il nostro centro altrove.

 

Torniamo quindi ad osservare il volo e il fascino che esercita su di noi: non ha percorsi tracciati, procede per intuizione, discontinuità, frammenti. La sua struttura non è data, e si trasforma in continuazione. Se anche esiste una meta, consente infinite divagazioni; i suoi punti di vista cambiano di continuo, sono molteplici, assomigliano al policentrismo delle prospettive rovesciate di Pavel Florenskij e conducono a innumerevoli associazioni, contaminazioni, relazioni, connessioni; tutto è visto e compreso, e noi ne siamo fratelli. La sua leggerezza ci riporta alla delicatezza dei nostri sensi, alla purezza delle forme che abbiamo la fortuna di percepire; la sua immediatezza ci ricorda la pittura classica, quelle pale dove tutta la storia accade nello stesso istante, e il tempo lineare è dimenticato.

 

Ma ciò che ci sembra ancora più importante, soprattutto nella contemporaneità che viviamo, è quella distanza che consente dalla storia personale e dal racconto contingente, libertà continuamente dimenticata - ma da sempre cercata - per raggiungere quella sublime condizione universale della visione.

 

Sempre Meister Eckhart ci ricorda: “ Tutto sarebbe donato a chi rinunciasse a se stesso assolutamente, anche per un solo istante”.

 

Cosa conduce, quindi, al di fuori della finitezza?

 

Il preistorico uccello intagliato sembrerebbe indicare che non c’è altra via se non attraverso il medium della forma. Staccarsi dall’immediato contingente, dare forma - oggettivando la propria visione - e, muovendo dalla finitezza iniziale, trasformarla in qualcosa di nuovo.

 

Così la pensiamo augurandoci un nuovo rinascimento della visione.

Canti Neri, 2019, fotogramma da film, 16mm, b\n, WARSHADFILM 

 

Uccelli, 2021, scansione da negativo 35mm, WARSHADFILM 

Uccello intagliato, grotta di Hohle Fels, Germania 



Senso

giugno 2021

Samira Guadagnuolo per WARSHADFILM

 

Se “bordeggiare” è un processo di navigazione a zig-zag, mi si figura l’immagine di un viaggio incerto, la rottura di un percorso lineare, quello classico da A a B.

Penso ad un percorso intorno al globo che conduce sempre al punto di partenza.

E a ciò che ha detto Michel Mafessoli - che il nomadismo (l’andare continuo e infinito) è l’unica condizione possibile dell’uomo post-moderno - poiché il desiderio di vagare è uno dei poli indispensabili di qualsiasi struttura sociale.

 

Un procedere nel mondo che segue vortici di vento lunatico, senza un fine se non quello essenziale.

 

E cos’è quest’unico desiderio possibile e fondamentale?

Quel desiderio che spinge a cercare un altrove che si sposta continuamente, punto indecifrabile della mappa, che costringe a cambiare rotta e procedere per tentativi, e che rinnova sempre la sua fascinazione?

 

Un meccanismo vitale, che oppone il suo movimento alla staticità della morte.

Una mancanza primaria, la nostalgia essenziale di una condizione di libertà assoluta, che è avvenuta in un tempo prima del tempo, all’alba del mondo, prima della storia.[1]

 

E che coincide con l’evento stra-ordinario della nascita, del nuovo inizio, del momento stupefacente del cambio di paradigma, del calendario che ricomincia e quindi coincide con la rottura di ciò che è vecchio e con la ri-fondazione del nuovo.

 

Una rottura che è unica condizione del vedere.

Possibile a patto di non permettere che diventi di nuovo una strada maestra.

 

Un serpeggìo intorno al senso - senso come organo di apprensione immediata del sensibile - e senso come significato, idea, universale - assoluta conoscenza e libertà.

 

E allora le qualità sensibili delle nostre “pratiche artistiche”, il loro senso, sono il nostro bordeggiare a zig zag.

  

“E’ vero che [quel mondo] è passato irrevocabilmente, ma il suo pregio lo sento ora, vale a dire lo comprendo ora, lo amo e infine lo posseggo”,  Lalla Romano, da un’intervista.

 

[1]Nell’infanzia del mondo e per traslazione, nell’infanzia personale vera e immaginaria