Le sfaccettature della complessità

Febbraio 2022

 

Avere a disposizione tutte contemporaneamente le sfaccettature della complessità nei suoi numerosi linguaggi: ecco la grande opportunità della ricerca artistica che attinge da studi scientifici, umanistici e fonti di archivio. A volte restituendo, grazie all’acquisizione di relazioni forti, una visione profetica, capace di leggere il passato interpretandolo come indizi di ciò che avverrà.

Gli esempi, numerosi, arrivano da lontano perché l’interconnessione è insita nell’essere umano, come ha sempre sostenuto Primo Levi che salda la divisione tra arte e scienza definendole unitamente “cultura umana”: basti pensare all’enorme successo che già nel 1610 riscosse Sidereus Nuncius, il libro che Galilei scrisse dopo le osservazioni con il cannocchiale della superficie lunare e dei satelliti di Giove; non è quindi una necessità recente, ma recentemente proprio queste relazioni ci hanno risvegliato con forza.                                                     

Così i bordi si dileguano.

Non sono necessari neppure come semplici termini identificativi, solitamente usati per confermare equilibri tra ambienti, solo apparentemente, distanti ma naturalmente in correlazione. Come quando ti permettono di legare la sapienza di Francesco Cataluccio che cita Walter Benjamin, quando recupera da Ernest Bloch uno dei concetti cardine del suo pensiero, con la strategia metamorfica che il girino utilizza da circa duecento milioni di anni: “Irruzione nel presente di una esigenza che viene dal passato, non nel senso di una restaurazione di ciò che fu ma in vista di una nuova e originale esperienza del presente. Il passato, in determinate occasioni, irrompe con le sue esigenze nel presente facendolo saltare. Stiamo quindi parlando di un passato che non avrebbe esaurito le sue possibilità nel momento in cui accadeva, un passato cioè che conterrebbe una sorta di slancio verso il futuro”.

Dalla biologia sappiamo che il collagene è la proteina più comune nel corpo degli esseri viventi animali, uomini compresi, che lega i tessuti tra loro. E’ costituito da amminoacidi di cui ogni molecola, di una forma specifica tridimensionale, è la somma tra dieci e cinquanta atomi di carbonio, azoto, ossigeno, idrogeno e a volte zolfo. La proteina è l’insieme di centinaia di queste molecole che ricordano una stringa, molto resistente grazie al legame fortissimo tra un atomo di carbonio di un amminoacido e un atomo di azoto dell’amminoacido successivo. Disporre di una sostanza durevole e robusta per sostenere la struttura portante del proprio corpo è una ottima opportunità. Ma è importante considerare il costante rimodellamento che la crescita, nel trascorrere del tempo, richiede all’animale. Questa è la premessa del perché la metamorfosi degli anfibi sia esemplificativa per rappresentare il concetto enunciato inizialmente.

Ecco il girino: la trasformazione in rana prevede che la coda dell’animale nella sua fase neonatale venga gradualmente riassorbita dal corpo. Gli arti posteriori della rana adulta sono costituiti dalla carne della coda, che non viene persa, ma disassemblata partendo dalle fibre di collagene grazie agli enzimi che poi saranno gli esecutori anche del riassemblaggio. Una spinta, non solo simbolica, verso il futuro determinata dal passato.

Le rane sono presenti su questo pianeta esattamente da quando comparvero i dinosauri, senza estinguersi. L’arte si è da sempre interessata a questioni legate alla natura del tempo contribuendo a nuove visioni in altri ambiti in cui l’uomo ha posto i medesimi quesiti.  Con questo approccio nasce il progetto Clay Time Code, studiando l’archivio geologico e l’uso delle immagini di fossili, i nannofossili marker, o meglio le loro icone, come strumenti indiretti per datare il tempo, il tempo geologico, tempo lunghissimo non dell’esperienza umana. Si riflette anche sul fatto che lavorando oggi con l’argilla si possa creare un’opera usando un materiale che si è formato intorno ai 4,5 milioni di anni fa, per tornare a Benjamin. 

Concetto questo alla base anche di It’s Time to Sprout; in collaborazione con l’Erbario di Palermo, il progetto indaga il processo di scelta che i semi attuano per definire il momento ideale per la sbocciatura, che può avvenire anche dopo secoli.

Il passato irrompe nel presente anche nel progetto Alpina, ricerca affrontata con Fabio Marullo partendo dall’esperienza comune del campo glaciologico sul Ghiacciaio dei Forni; le scienze naturali e la glaciologia ci accompagnano a sfogliare il ghiacciaio come un libro di storia che, quando aperto, mette a disposizione i documenti pronti per essere interpretati. Il ghiaccio preserva inalterata la presenza della vita nel momento della propria formazione e la disvela quando allenta la forza, sciogliendosi e divenendo quella linea d’acqua che collega la montagna alla pianura e a tutti noi. Il cambio di stato permette di riproporre nel presente ciò che il freddo e la pressione aveva fissato decenni, secoli e millenni prima, mettendolo in circolo e riattivandone non solo la memoria.

 

Enzimi sul sentiero glaciologico dei Forni, 2021, progetto Alpina