Una notte d'estate in Filandia

Marzo 2022

 

Caro Luca,

ho attraversato i tuoi quadri molte volte, di notte e di giorno, da sola e in compagnia, ho visto i soggetti dai quali sei partito armato di una macchina fotografica e un aeroplano. 

Ho passeggiato lungo le montagne dell’Engadina con te e abbiamo visto i laghi che evaporando andavano a confondersi con il paesaggio d’intorno.

Il paesaggio della montagna, di ghiacci e ghiacciai, di laghi, di fiumi, di nuvole e piogge, è un susseguirsi di tratti in continua trasformazione, cade la neve, si scioglie, si posa dolce sulla terra, si sposta, sposta la percezione di noi, come anime migranti in continua trasformazione.

Abbiamo guardato molte nuvole insieme e i nostri pensieri si sono spesso mischiati alle nuvole stesse, una pennellata liquida, il fumo della mia sigaretta, una canzone suonata nell’aria, una tela in cotone che aspettava di essere consumata da lente velature di bianco. 

 

Ho osservato le tue nuvole dipinte su un quadro e ho visto come la pittura sia in fondo un atto di amore e generosità, s’impossessa delle cose del mondo e poi le restituisce sotto veste nuova, come fossero immerse nell’insieme dei rimandi che tali cose evocano, e ne suggerisce gli echi, le distanze, i sogni. 

Se chiudo gli occhi e mi concedo la possibilità di sottrarmi al tempo come narrazione, mi accorgo del movimento che la pittura mi invita a compiere. 

Ho bisogno di perdere i riferimenti che per una brevità hanno scritto quella che sono e per reinventare i miei mondi, mi fido della tua parola, accetto di stare in quest’ora incerta scardinata dal tempo, dove il segno mi invita.

 

Il presente è dipinto su un quadro, io divento il paesaggio restituito attraverso il gesto pittorico, la montagna che ho di fronte è uno specchio e io che osservo la montagna sono un paesaggio acquatico che, come l’acqua, vive in un continuo cambiamento di stato.

“L’acqua la insegna la sete” scriveva Emily Dickinson, così il desiderio alleggerisce il corpo attraverso la fantasticheria e accetta di tornare a un’idea di casa mobile, instabile, liquida. 

Le nostre biografie sono disegnate al crepuscolo.

 

Tra il sonno e la veglia, nel passaggio dopo la notte, il mondo pare trovare conforto in questo continuo mutamento, il cielo ha cancellato le stelle, le nuvole scorrono intorno insieme alle parole che si mischiano al giorno e l’aria si fa tersa, il fumo disegna le ore e io aspetto che torni a piovere sui nostri domani. 

 

Elena El Asmar 

(in una notte d’estate in Filandia)


Cara Elena,

come posso non scriverti, e come posso evitare di esserti vicino, anche se l’ho fatto qualche volta.

Questa dimensione della notte, della distanza che la notte consente, permette di vedere e sentire il fuori, il fuori da noi in cui siamo totalmente immersi, in cui sono immersi tutti eccetto noi, veramente, per questo ti scrivo, di notte, mentre non dormo accanto a te pensando a te.

Noi siamo qui, e mentre lo sono, rimango immerso in una notte che è come lo spazio stesso della pittura da cui emergono i residui depositati della diluizione estrema del mio acrilico bianco.

 

Sulla tela si lascia depositare, attraverso il veicolo acquoso che assorbe e diluisce, lo stesso bianco di cui è fatta la luce, di cui sono fatte le montagne stesse e la vita.

Sono qui con te, ma distante, troppo, sempre, e cosa cerco?, dove sono?, cosa osservo?, cosa mi può portare lontano da te e dalla pittura se non l’osservazione del mondo, di porzioni di mondo, osservate e poi ridonate. 

Mi alterno, mi allontano e mi avvicino, e con questi passaggi definisco il confine ed il tempo di una relazione, individuale e soggettiva con la vita e con l’opera che si allontana da me sollevando domande senza risposte apparenti.

 

Diluisco i colori in maniera infinitesimale, e in questa pittura omeopatica la memoria conduce a rappresentazioni simbolicamente fluide, a tempi liquidi e a memorie ancestrali, come nei disegni sul pavimento di pietra fatti con l’acqua, che si cancellano appena questa evapora, nei miei quadri ho l’impressione di fare la stessa cosa sino a che, ad un certo punto inizia ad affiorare tutto il lavoro che mi pareva fosse evaporato.

 

E scopro che è il tempo e l’acqua il veicolo ed il legante per questa materia fatta principalmente di luce più che di pigmento. 

 

L.P.

(la notte dopo di quella precedente, in Filandia)