BORDI è un piano gassoso su cui deporre parole e immagini a formare costellazioni di domande che trovano le loro risposte in altre domande. BORDI è a cura di Cesare Biratoni, Ermanno Cristini, Roberto Limonta

BORDI è parte di R + S / AK , entità impronunciabile senza scopo di marchio.

Prima di partire

Cesare Biratoni, Ermanno Cristini

Ciao Ermanno,

se penso al bordo, termine che tu hai suggerito di usare come titolo per la nostra discussione, mi viene in mente anche un suo possibile sinonimo: lembo. Entrambe le parole rimandano a qualcosa di marginale, a tratti di estremo, nel senso che stanno proprio alla fine di qualcosa, al termine di una terra conosciuta. E’ quindi un’impresa avventurosa (o esplorativa?) quella di aprire un dibattito sulle pratiche artistiche che vivono e insistono a permanere fuori dal cosiddetto mercato? Te lo chiedo, non senza una punta di ingenuità e di urgenza, anche perché nelle nostre più recenti discussioni di carne al fuoco ne abbiamo messa tanta: aspetti etici legati alla dimensione "politica" e resistente dell'arte, la centralità dell'opera e l'esposizione della stessa, una generale ricerca di senso della (e nella) condizione marginale nella quale si ritrova a vivere e ad operare gran parte del mondo dell'arte che frequentiamo. Io non sono un teorico, vivo di pratica quotidiana, le mie domande nascono da un bisogno maturato nel tempo, che come nel lavoro manuale, suggeriscono attraverso il fare una linea di pensiero. Per questo ti chiedo di cominciare tu, che invece con gli aspetti teorici hai sicuramente più pratica del sottoscritto, a srotolare la matassa. Da dove cominciamo? 

  

Caro Cesare,

in questi giorni stavo leggendo un libro di Enrique Vila-Matas, Storia abbreviata della letteratura portatile, e come spesso suggeriscono di fare le letture fresche comincerei da lì, da un passo che mi sembra contenere quello che alla fine è la ragione di tutto: “Walter Benjamin era anche anima gemella di Marcel Duchamp: ambedue vagabondi, sempre in viaggio, esiliati dal mondo dell’arte e al tempo stesso collezionisti arrabbiati di cose, o, per meglio dire, di passioni.”

Se c’è una dimensione etica nel fare artistico -e in assoluto ha da esserci per forza visto che stiamo parlando del recto e del verso di una stessa medaglia- essa sta proprio nel fare in sé, nella sua specificità, che è poi la capacità di consumare un continuo stato di esilio, uno sguardo nutrito dallo spessore di una distanza.

La qualità di ciò che si usa definire con il termine “impegno”, ovvero la capacità dell’arte di graffiare il mondo, necessaria per definizione ma tanto più necessaria in tempi di crisi come questi, passa attraverso una forma di distacco dal mondo. Viene in mente il pensiero di Agamben circa la necessità di una sfasatura, una sorta di anacronismo, come condizione per essere contemporanei, anziché semplicemente attaccati al presente.

In tale prospettiva la marginalità diventa un valore e anche la questione della “solitudine”, o estraneità, rispetto al mercato si trova a riguardare il potenziale euristico del “fallimento” in contrapposizione alla mitologia del successo.

Dunque per srotolare la matassa non ci resta che perderne il bandolo lungo il terreno friabile dei bordi, quel luogo che perimetrando apre, perché non avendo nozione certa del dove e del quando, lì le cose affiorano e scompaiono nella loro indeterminatezza.

A proposito, si dice che tra il corpo inanimato di Robert Walser e le sue impronte ci fosse almeno un metro di neve intonsa.

bordeggiare


bordeggiare v. intr. [der. di bordo] (io bordéggio, ecc.; aus. avere). – 1. Navigare di bolina, per risalire contro la direzione del vento, compiendo una serie di tratti (bordate), col vento ora a diritta e ora a sinistra, seguendo cioè una rotta a zig-zag, il cui asse si trova appunto nella direzione del vento. 2. fig., non com. Destreggiarsi fra ostacoli, fra difficoltà. Anche, sfiorare una questione, un argomento, evitando di affrontarlo: è inutile b., voglio una risposta precisa.

(Vocabolario Treccani)




Dialogo sulla gerarchia delle arti in occidente

Jade Vlietstra in conversazione con Ermanno Cristini

Ermanno Cristini: Il problema del rapporto arte-artigianato ha accompagnato spesso la storia dell’arte e oggi è stato prepotentemente riproposto con l’ultima Biennale di Venezia dove i confini tra le due dimensioni risultano ampiamente sfumati o addirittura annullati.  (…) Il curatore, aprendo le porte allo “straniero” ribalta la gerarchia tra arti maggiori e minori a cui siamo abituati. Ma tale sguardo non eurocentrico, come lo definisce Pedrosa, prospetta di per sé nuovi paradigmi dove anche il rapporto arte-artigianato può essere riconsiderato attrezzando le necessarie epistemologie, oppure scivola sul pendio rischioso della fiera dell’artigianato etnico?

 

Jade Vliestra: “Artigianato etnico”, questo termine viene utilizzato per definire in modo paternalistico quegli artisti che si discostano dall'estetica tradizionale europea.

Pedrosa ha evidenziato come ci sia una differenza culturale nella percezione dell'arte considerata "folkloristica" in Brasile rispetto ad altre parti del mondo.

Trovo molto interessante il ribaltamento della gerarchia. Penso che tutto dipenda come sempre dal sistema di riferimento. (…)

 

 

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DiversaMENTE bordi

Claudio Benzoni



Sulla distanza, vicino al bordo

Luca Scarabelli

Estate 2024.

Una riscrittura per un lavoro della primavera del 1992, in occasione di uno speciale ricordo del 6 Marzo 1989, passato inaspettatamente dal 2014 e sviluppato fino al 2019.

È sul lato e in flesso orizzontale. Basta cambiare la propria posizione e cambia il punto di vista. Nulla di completo, nulla di edificante, solo qualcosa che si mostra (di-mostra) con un certo distacco.

Così l’opera abita: l’opera in sé, non l’oggetto dell’opera, sporge sul bordo e va oltre il proprio nome, l’oggetto dell’opera invece è sul bordo di un istante qualunque.

Un processo in divenire per correggere la percezione delle cose. Devo continuamente correggere la mia percezione delle cose. È come una vertigine ma sul piano. Indagare il principio d’incertezza del percorso, con impazienza, ripercorrendolo con una cura meditata, riflessiva e concentrata.

Poi l’opera cadrà  e scomparirà.

Cadrà con la velocità stessa con cui la superficie della terra, giorno per giorno, sotto di noi, sfugge. Così ci separammo.



Bordo pagina (Lati esterni)

Pasquale Polidori

Bordo pagina (Lati esterni) consiste nella semplice trascrizione delle parole intere o smezzate che occorrono lungo i bordi esterni delle pagine de L'amante di Marguerite Duras nell'edizione Feltrinelli. 

 

una presen tutti venuto suo giovane vedo lì prediligo m’incanto diciott’anni venticinque imprevista succeda aver sentito tempo giovane vecchiamento miei che lo sulla spaventata lo svolgersi gliarmi avrebbe nosciuto gio ha nuovo viso te cerato polata menti la viso dunqu un l’immagine del stagio afoso terra risvegli lì liceo figlia non il l’inse ritor im cat spe l’av condi sui al servisse ricordo fratel completo recupe giorni quando capo dieci riusci to il francia colonia masto la rendersi aveva dai fatto mia terribile sempre no mi troppo mi provocati si fame me della soffrivamo mo piccoli vite cedevamo no notte qunado sem ab fra per madre punirla alme il quel vedo il pur bestiale nella per morire fami erano quelle sostan cose proprio per sembra c’era nessuno giovinezza l’ho parlo faccio parlato periodi ti cominciato vo un spesso conto gio o sua blicità do fossero più per nienza non ora dici viso re to ha confermato lo in quindici non an lo con cerchiati dell’esperimento del un l’au sadec sono ricordo madre sai parte solito conducen di in pirati l’au posti bianchi durante tuto rebbe fia costanze era be va di ebbene era perché versamente ta za rappresentare stiamo mekong la cocincina scendo guardo mai sti ci che paesaggio la inclinasse arriviamo che guardo del via una vento dibatte tra a chia mani pren vestito cintura fratelli ri sempre prece in quel di altro quel madre al liceo di con mi vita anno basse ma solita quel con con a pello come menticato credo mia come nessuna lonia come cappello lo maschile difetto so tura improv vedo fuori immes del sempre tra scarpe ma cap fanno vado fuori città ven eli ugan sor l’im sì goffag avvi del traghetto la di un’altra qui sul noi al posa foto certa dello si bambini mente di vamo impossibilità no fronte a avuto razione ti rero ad pena quella sun già mese la dono e già era dei era sorte sicura giorno dall’impossibili oppure da quell’abbat una qualun la mo la di morire con piatta ho come due squaw trec po te sta dietro meno prima mia massa ripetere deduco pelli cinque mia gliato reno i se chettati hanno dire quando dicevano mica sul dici adopero dere proprio cipria madre ros ci forse sua ca sapone palmolive una di lugubre léonbollet calcutta lettera tura il ancora salotto mi all’europea i abitua bianche an gli amici ad sono potrei partenere rate che di spirito gli i tare anche to occhi gusto nante tello la ra tivo bini ho bella di tà non nelle sava tutte po mante l’europa lun final succede parlare sono vil abita sperdute risparmia topo ar che di altre tacere un alcu uccidono sem  errore desiderio c’era era l’immediata era l’esperimento solo l’errore per ti vati loro madre che madre fratello nemmeno sciuta mano come ricamare ne ti vestiti vanti na di li gra rosa che tutto compiuto vo che risponde roman di riguarda merito seria puerile immersa del da sola le tocchi come sul del sfacia leg le l’ab traghettatore fin de  vede alla che ne acque trascina quando le incendi fali agglutinate verso fondo profonda to ficie le re risposta bile andrò prima questa questa sarebbe in nien più mia matematica ma quan signora caricatura perché diret con dô di niente scarpe cani cinese davanti tutti rinchiu dice quell’idea libe è esce le ri approva sorride male a succederle capirle sa preoccuparti prati occasioni ra inventiva è me anche seria un figli come non facendosi tare volmente me ne resse per denaro pia dirà pari sa voluto sperar ogni quel pensiero un cosa nostro par e vivendo storia amore intendere profon pri silenzio la bambini mi non aspet chiusa quando giorno chiusa tanto ma no fronte lei e canto grandi diamo trini nei noi valcioni m omo madre dare a vano il più nia ne nuano neppure imputridito mobili strada vneto non della montagna non di abbndo tr di caldo nia tutti si tramon volta nep quan in pensione davanti foresta apa nouvelle ecole parte viva il polmonite stato rante ta nostra del non mente ro ancora chetrys vado no rola sultarli grida denti dre che più più occhi la quand’era ricor adesso cor rente nel non alla in sia fin più tut loiret a compra mansarde figlio mol an pa ri perso sua coupole letteral fare che vi vere ma seicento ma pulcino no muoiono andata festa bo giare è no primo tro gelo là do quando al prima pazza pre sta madre gue primoge molti se prima do molti avevano intelligen in stan mai dispe for me motivi a settimana rifiuta phnom me cambogia ed spaventa lei mia padre telegramma ave va terrorizzato lato qualche pre padre piedi nale un’invocazioine tutto feste la piccina l’apparizione trsmbi delle miravamo comprese il ma cpppello lentamente de la versità vie sci dendola che ma della ri quella avuto per così vederla ra aspettato indigeno benis uomo tutto risponde che gran cera è vine permet accetta i limousine nera finan popola quel saigon la chiude scia ma tutto non d’ora ceo più tirmi che il col betel la dec continuava parigi coupole cali lei tenuti l’ammontare contava gli com’è ge lei capisco fi sadec ab parapetto nera lo impaurito averlo ca l’occasione or agli ma lo sull’auto fami non se sciu saperlo sulla nera quell’uo sul traghetto è venuto l’uscita e vedì nera sono ai saigon te riggio con è derna ty è non neppure lo proposto re perché dovrebbe all’aspetto città ma parla spoglia bassa dergli conosce modo po sapere trat piace lei mi donne che quella non amerà lascia ancora suo non a risponde aveva di don di modo strap por ta piang comincia lui versi spoglia quando te la un dopo virilità to guarda sesso geme vole lei quel pat viluppato il ragile era margine rammen di an madre cono es bambina piacere se contento guar desiderio di calma andare fondo chie far prima gli niente incontrato fratello dome vengono chiusa continua madre è mi prova da mi gli che dato avrei rei ancora di ma tranquilla mo il come sordante bra fluttuante niamo solo bre folla gli ci data dei fuori le notte tramonta a com nostra l’insie sire eco a di polvere ceste città quello foresta ac whisky fumando in son la accesa improvvisamente camera uomo la abbia tante ci un polato gli dermi fumo l’odore seta siderio ce del l’amore che che pria cia disperato semi per fa mani tunata mestiere deve dice re parole vare za scinato con gente quel che ritorna di  vi come morirne par bocca sottovoce al su lui ri anche nome dice niente sempre vedo sul ca mera per la sul è mi a la madre rerebbe mi cinese così re che due dice te aspettavo sempre quando pre assomiglia sollievo che urla sco quello di verità persone mi sono neppure cui racconto di fac face mi eravamo quello per anco clamore lo più una in passato mi proverò la pian di ma lei sé che il storia parlava la è stuono si siamo sa d’oro seta de sul direzioni certi una gini minano soli cità minassero intenzione zione mai andiamo molti di inconcepibile rac impossibile suona tran stes pe rumore pa parlare quanto a ne strade for disinvoltura compra che do vi un ter meno sa comparti delle dei in dal all’aper to padre compartimenti sulla piacevoli esterne gli in mio o cuore che mi più corge fa rigi molto compartimenti affare finché e senza pendo eviteremo si doci gli compra anni par una sincera vuole rido attraver amar di di sono paterno spaventa tutti matri del si perdermi com ha viveri è ritor com corso corrispondenza gli con invitare gono non sono giano la darlo sforzo diare ta parla qualche ro volte a come annega divorare sto paga tutti erano risatina suno buona nessuno i rola visto miei che im me un fratel come e io de tra la voglio io per non fratello doman accondiscen che stare sup perfidia offeso nei deb il stanca favo lose allora nunzia mia che frase ma paura alla dormire non tello nulla bidiente che sopportare per che diventa vergogna ro do do me ipocrita trove si sta dovrebbe livi segna bambino parla miei mia i ri recrimina il nei pochissima ballo fra ha pericolo tutti corpi so viso pian agi ogni vita glielo nuovo lenza accompagna il meggiare esorto perché sola mai grazie parola trificata tiamo parliamo dal dare riguardi revole ogni rivela mo consideriamo essenziale alla tutti cietà che fiducio odiamo che di maschi po sua voce disperdere il fat irresponsabile amata non nascon abbiamo modo comin abbiamo quin anni poi abban con guardiamo quasi nera chiusa perati il cembre nese 1931 ta in scriveva va ho beva anche care bene parlava parlo entità fratelli ha niera doceva do agricoltori figli i quello scri le fra l’ho cresciuto martire famiglia rica i centro assassino an mag morta dell’a non vedo conosce bam nuovo del tutto pettatrice os serva viso corre di vulnerabile butta gni annusa l’uomo chia tà terà che peggio può pesti al il bene ma verità la speri tello noscondersi paura la quel disonorata non pensare che quel e anco vitan  terrifi fratello ris motivo dice dopo sente dei scena melodramma colle fratelli sof di l’al una fratello loro pic mai soltanto che avevano credo se così di te più anche sembra sone gon treni mia pomeriggio cide pulirla costruita no rosse seguono sto qua no i scalinate cucina d’acqua mento non delizio che mi marsiglia puli no ariva bian quel riesce felice uniche a bal come sem in una spiaggia fratellino smettono sera cui vinhlong tutore lot-et-garonne non quanto di ridevamo per fanzia gno perché condo ceduto proprio già o trava to corpo pre l’adorabile dei alle torniamo non talvolta cino braccia so mangiare vestirmi terrore paura non pic venisse a mag a siamo potrebbe che catasto governatori mantenere può lo paura se chiari era con spa improvvisa acu età piaz oc cupava la pranzo migliori rosa sua mallarmé ti vedere li o citare lava do penter poco venimenti ver ceva numerosi ci va suno nosceva pre di sconosciuta nosciuti tuazione mi fron aspetta aero terraz nel piscina parigi vuo l’os di guardavo car anche perché assolutamente fosse lontano di qualcosa appartenesse persone come dell’inverno non delle ap le rico noscere debole morta ricordo carla ne momento tedesca pre così chiari nero disegno guarda passa dito tanto sto broccati da gli mate pata è ne larghi e fettibilmente betty vamo po doppiata for di qual nessun par ramon ad attingendo precisione non co volta ramon su essen come era bar in virgole scherzo sofferen fa betty ave loro nei latte di al particolari micizia zionisti ra definitiva invocazione care dere nale de parigi l’altra anche lui ne non senza de minato che riso non e il non che sono vestite al allieve chiac c’è gior correre uniche meticce dogana abban bre bianchi francese ospe lebbro che colerosi non scappare pensionato una hélène a sua diversamen ogni av vertire guarda lo dalla sciarmi rientro nica tuata sono glio trice buon che anche libera ranza con la nato presto dito zioni ma terà più stato su il sopraf con ve li impudica giro che lagonelle sta sé straordinario acces da tanto ava quel un’estate altipiani ar ha a montanara pal hé a le trae i capelli pensionato nelle darle fidanzati vuol a la della scarpe marito spiegarle ordinarle lei che non il ra certi ria glia di sapevolmente bisce mordano za miei va di farina lago nelle desiderio là piacere lagonelle quello mio passan il lui morirne carne radioso ad pecca don piacere di cina non quando me anni questa sono nessun durezza mente za è abbandonato sate parire irrespirabile lenza cholen versato non forse partissi aveva che dalla che tenza deru no mio casa aveva de cer è vivere perché tenuta anni paga bosco mo ave giusta mol deru e madre ap lei valido a ridicola cau accettato piange sincero durante bilmente più forse possibile i marito rimane mai so mio fruga va chi va parlerò farlo luigi la con ha to nasse meno viveva con mire stava il mascalzone compromette soli pau vita gli alcoo diventa la liqui an in dorme lasciano fuori riac ad riposto di len niente vestito una aperto daranno pas sua assicu quindici è camera mia se rovistava nità va chiunque nosceva lui se ligente che quello immaginavo essere una stro morte stro rimane un da mia mangiare tanto to do giare gli dice dico mangiare mi pronto minore di ciglia pri di nel in era troppo era due est fosse ci due che intollerabile ora improvviso si uni forme la scoperto senza lo ricordo le notti ogni il versava colore quando andava stagione una dal di toccava nua schiarava dal ticolare con dell’abbaiare vano in la da sta casa mi insistenza deserta l’auti pa ha li padrone seduto gli baciati tro sarebbe svaniva per sé impos una scon volta smisu di in per presto quell’amore te era bambina si il rito ci gli to consolabile non dettoque ha to parere con un kong ra tutto cancello corro pre tire cuno volto mi paz sua giorno davan scono la risata a totale ogni avvertita la peggiore dei ingres cosa successo pau madre da io fra stato defini grande terrazza ho scerla biamento un sto l’aspetto stava punto un una cità era sersi suo duta era posto identità che sembrava tata ho aiuto mortalmente tata ho te siam mi sem ve da le dai mosche por più non via che mor in pian morte lei d’oro chiunque gior che una cam verso sentieri so parte mare verso to stilenziali vento te giorno melma chittagong vie che gira luppante mare di sciano il poi pubbliche poi basciata co ci gere nel te un quello ambasciate campi sentono pi la dopo sanno ca un’insensata bambina in qual fratelli del con sentirsi vuole di mascalzoni savanna vinhlong vista sa si era gior vinh piaz del marito che accade cholen accarezzare quenta ze club non durante da tutto nua nese non gerà ro tempo bina la guarda torno è razze oleandri signora te gofiume entram cor baciato un quella senza di questa la ricevi ge nerali ri a di dun la tanto solitu sper paura dimenticanza stes e volta cine ogni acqua fresca bagnata cerà ancora nessuno tarla si piazza luce con ciato ci verranno più la che tini d’oro di suo ascoltano ce del no guardi gente rarsi prostituzio scherzo elegan ride irre bian in mo quella di piange piano ma ob lei vero sorriso da di c’è cholen fatto ancora che al e diniego po trai agli lo quello chiede to cora ho lo gusto era riposava giato rente sala aveva di non re francia la ogni mo comunque mo le commento diamo nelle tra dopo alla foto crescia altre lo nessuno risponde nient’al giardi dai della cal illumi rossa nessu incredibili da aspettan fran tut umore en sempre sua alluci dimenticato non soltanto per biamo leghi fotografie da misteriosamente foto noi conoscono volte data con allora e re farlo dunque sce niera andare trebbe pene specie quando chi da un ben indi sola la for vi ho allucinan somigliano in particola allo venivano vole discre pas singolarità l’appar inoltre don tirate a sa che ve alcu spenta non farà il nessuno mano ze possedimenti cholen l’uomo hanno pellabile tenza storia be dimenticarla da gazzina neppure come quel me crescita caldo quel che le sto di soprattutto ammorbidita bagno donne cor an composta sete lascia nudo all’adole il suo forse dire cono forse non came non sapere guardar occhi da di ancora non ancora marsi trove morte se è guardavo viva farlo ve diventata diventato noscere suo uomo giovane miei giovane quella del gli ineffabile e mentava mi sera preoccupa poterla qualche anche moribon occhi vita improvvisa poter che male suo del rabbia bambina cor viso abbandonarsi suppli star godere insie dissolversi disperati felici che testa sulla la pari de lei la nel odore censo stre tolgo preoccupata che che sempre paura giorno cordo to nate ne ciale tato collera dal lei lui le non not alza sca corre e passeg poi è insopporta dalle fresco aspettando subito al nottur devono so addormen silenzio pensiero sopportare sem fuori ma credo so vagamente scin vaga mente non zia bri to mia non gramma era di l’evidenza mandare ma da lore non quale perduto dolore vo vo desiderio mento ci fatto scandalo lino talità in di morta di eravamo scandalo l’universo fratel opera bambino per dell’immorta sua nome mo sem mio fratellino sono morta co che succe che è lare persone che la ignorando mentre lità stione è falso spirito rere te talità per za assoluta nel nulla istruirsi malapena poteva era l’amore per morte succes amassi a morte pochissi di pianura mec e che natu sta continuava più me luce uc for facendola quasi assordante mo instal lazioni l’altezza mekong facevano erano mano cia lei cholen ci dere che molto il continenti vie vano delle tagnan collegare il scafi vie ti al no bili li qualche vera rappre il vita prime avveniva questo in viag alle viag luogo ritor più giorni alla abituati ai dei la ultimi era do viaggi mare andavano niere zio qua cino za partenza far provvisamente voleva diceva ancora scusava non va forse sua dolore te chi magini rebbe lo forse me ché guardarmi mi vamo sibile volto vergogna la ter il rimorchia nel e ancora terri piangere an uno pen si alta ri sempre faz del lim lentamente il passerella trainarla aveva cinese e nascondendo lore abituati lì volante le sciuta la stava la che nuova nera rito c’era indiano va vibrazioni tutto sto gitti certe l’aria qualcosa l’ora ridoi sorride traversata era in carte un parola at ma velo scomparso un il ammi lui vol tartaruga nessuna ter na più de distacco tu anche ponte che perché mai riuscita madre pianoforte notti scorsa so il e buio cosa to uccidersi e di non va qua nell’istante come verso intorno svegliati sava ceano to ponte si ve il una cui negli sta se la era bam te fra per in raggiunte del padre con famiglia giada dalla famiglia riuscire patri cor po lungo desiderio mensità tà to della incontenibile come l’altra la tro glie lui forse ciulla sapevano doveva trambe va consolato ta nienza era va notte lei nulla matrimoni la l’aveva solo io voce tremito ci scriver sai che sembrava aveva che smet morte parigi 1984



Decostruzione di un inizio

Monica Mazzone


Monica Mazzone, Decostruzione di un inizio, 2023, olio su tavola e cornice in alluminio dell'artista, 190 x 120 cm, ph. Cosimo filippini


Tightrope Walk

Hannes Egger

Tightrope Walk è un' audioperformance nata all’interno del progetto Bivacco, realizzato nel 2019 per la 58. Biennale di Venezia.

Nel 2019 ricorreva il centenario della firma del Trattato di Saint-Germain, quando il Tirolo venne diviso in due e in seguito l'Alto Adige e il Trentino furono incorporati nello Stato Italiano. Questo originale, antico bivacco di montagna rappresenta uno spazio aperto, transfrontaliero e sicuro in cui – come nello stesso Alto Adige – gli ideali europei di pace e convivenza vengono praticati e promossi su scala mondiale, quotidianamente.

 

 

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Collage, pareidolia e teste composte

Cesare Biratoni

Le teste di Arcimboldo sono figure retoriche[1]. Esiste una stretta correlazione tra le cose che compongono le teste del pittore lombardo e il tema che vogliono rappresentare o al quale alludono più o meno direttamente. Gli oggetti cambiano di significato sia sulla base della posizione in cui si pongono nei confronti del tutto che per la loro specifica angolazione; anzi, è l’intera testa ad essere letta in virtù del determinato punto di vista di chi la osserva. Le cose si collocano misteriosamente una accanto all’altra, per poco, spinte da chissà quale corrente o vento, si ritrovano ad essere fuori luogo, come il famoso ombrello e la macchina da cucire sul tavolo operatorio citato dal poeta Lautreamont.

Le leggi della geometria euclidea e la bidimensionalità del dipinto fermano questo istante per sempre, lo inquadrano (delimitano) e lo trasformano in un soggetto. Sono queste leggi che determinano il suo punto di vista. Funzionano perché gli oggetti sono piatti, congelati nella bidimensionalità del piano pittorico, altrimenti, se potessimo ruotare la testa dipinta il risultato sarebbe senz’altro deludente, e ci ritroveremmo a guardare una specie di fantoccio senza vita, più simile ad una maschera informe che ad un vero e proprio “personaggio”.

 

Credo che questa sia anche l’essenza del collage; anch’esso si avvale di un fortuito e casuale accostamento e, come le teste di Arcimboldo, funziona solo quando ogni oggetto che lo compone assume una precisa posizione nell’insieme. Gli elementi del collage provengono da aree semantiche che restano visibili ma che si trasformano nel momento in cui si accostano ad altro; proprio come la pera diventa un naso o un fungo un paio di labbra sporgenti perché si trovano in quell’area del dipinto. Verrebbe da pensare che il collage sia una composizione di oggetti vista per caso,… una pareidolia, un’immagine che funziona solo se vista in un unico modo. Assemblaggi che  non sono stati composti per durare in eterno, ma che vivono di quella casualità.

 

Come la pareidolia, il collage è vincolato direttamente all’osservatore. Il ritaglio, il frammento non potrebbe stare in altra posizione se non in quella in cui, per cause difficili da comprendere senza ricorrere alla correttezza anatomica di Arcimboldo, si trasforma in qualcos’altro; senza cambiare la sua forma assume tutt’altro significato, spezza la dicotomia del significato/significante che lo aveva caratterizzato fino a quel momento. E come quando osserviamo le nuvole sdraiati a pancia all’aria sul prato e aspettiamo che si formino delle immagini: guarda! sembra un cane, una testa, un dinosauro ecc.

 

Max Ernst scriveva: “L’autore deve assistere come spettatore alla nascita dell’opera e portare avanti le fasi del suo sviluppo con indifferenza o passione. Così come il poeta spia il corso automatico del suo pensiero e ne annota gli accidenti, il pittore butta sul foglio o sulla tela ciò che la sua ispirazione visiva gli suggerisce.”[2] L’artista si dovrebbe quindi limitare ad indicare con il dito? E’ il dito (da cui si proietta una linea) che ci dice cosa guardare, da quale angolazione osservare e su cosa soffermare maggiormente la nostra attenzione? Il gesto dell’indicare ci riporta inevitabilmente ad un dato fisico, al braccio che deve sostenere il punto su cui vale la pena di posare lo sguardo, e ci restituisce anche una precarietà e una temporalità non determinata; è come se dicesse: adesso guarda qui,…e adesso lì,…ora guarda quest’altra cosa, e ancora, e ancora.

 

 

[1] Barthes R., Arcimboldo, Milano, Abscondita, 2005

[2] Max Ernst, “Che cos’è il surrealismo”, in AAVV (a cura di), Max Ernst, Macerata, Quodlibet, 2021, pp. 48.



Accasarsi

Ermanno Cristini


Ermanno Cristini, Accasarsi (quello), 2009-2021, sapone di marsiglia, basamento per sculture, dimensione variabile


I bordi si sbeccano

Concetta Modica

I bordi sono sempre difficili, le pochissime volte che mi sono avventurata a fare una torta, i bordi mi hanno sempre smascherato. Quelli delle mie ceramiche e dei miei piccoli affreschi negli ultimi tempi sono i più preoccupanti, hanno bisogno di mille attenzioni. Si potessero sfumare con Photoshop sarebbe tutto più facile.

 

I bordi degli oggetti sono spietati quanto quelli della vita. Quelli delle cose e delle opere si scheggiano: ho preso un sasso spaccato a metà, affiancando le parti sembrava intero. Il tempo di portarlo con me e si è sbeccato.

L’arte, la poesia e la letteratura hanno a cuore il tema della rottura, dell’errore, del fallimento, della crepa, dei cocci; si affacciano dal bordo rotto e vedono la realtà più clemente.

 

Se faccio un vaso, lo faccio pieno di crepe, se uso un diamante, ci faccio un buco al centro, se raccolgo dei sepali di pomodoro, fuori dai bordi del campo diventano stelle d’oro nel cielo, se ci sono libri, li scompagino, metto insieme tutte le introduzioni, in modo che ogni pagina sia un nuovo inizio, eliminando i limiti tra le cose, spostando i bordi.

 

Sembra un continuo allontanarsi, ma non è cosi; le cose spesso sono più vicine di quanto sembrino.



Ai bordi di una linea bianca

Gabriele Di Matteo


Buon anno Ermanno! sempre ai bordi di una sottile linea bianca.

Buon anno Gabriele bordeggiante ai bordi

Gabriele, la usiamo per BORDI la tua immagine?

Se per te va bene si

Ottimo!

Questa immagine l'ho fatta quando c’è stata la crisi in Grecia che rischiava il default. I colori della tenda sono quelli della bandiera greca.

Ah ok, non avevo colto. Se vuoi che sia precisato mandami due righe- Oppure posso anche usare questo scambio in Whatsapp tale quale è ?

Va bene



L'arcobaleno di Walter Benjamin

Susanna Baumgartner

Incontrando l’arcobaleno, che è  colore, quando meno te lo aspetti, come in un sogno, sapendo che molto probabilmente l’avrai già incontrato in un sogno.

 

L’arcobaleno di Walter Benjamin inizia con il racconto di un sogno prima che svanisca. Un sogno che in realtà non si può raccontare e che viene descritto come un paesaggio. Un paesaggio che arde di colori che neanche i pittori conoscono. Questi colori possono creare infiniti paesaggi e ti permettono di non essere altro che occhi o il colore stesso. Un senso di ebbrezza che pervade chi sta nelle cose, in una sorta di oblio o intervallo o sospensione. Questa condizione rende leggeri e l’essenza delle cose si apre allo spazio, all’infinito. In questo caso il colore è l’oggetto e nello stesso tempo l’organo che lo percepisce. Ci appare nella pura ricezione, cosi come il bello.

 

Nella pittura abbiamo un riflesso. L’apparizione sta ai bordi come al centro e irradia bellezza che non si può cogliere, si può solo ricevere.



Cara mamma

Marco Salvetti

Cara mamma,

aveste ragione, non ci può essere una teoria dell'arte senza una teoria della vita.

Eppure non è possibile una teoria della vita

perché la vita è il no sopra ogni verità.

Mamma, io non voglio morire ma devo morire.

 

Cara mamma,

diceste bene, fintanto che non vivremo

la nostra arte mai svolazzerà come i rondinini nel sereno.

 

“Un vero esperto della banalità / ha da essere quest'artista

affinché ami / come una bestia”

 

Questo scrisse il babbo dal fronte, dopo mesi di silenzio.

 

“Il resto son solo carrieristi di professione

monogami dell'arte

chierici del pennello comari di paese

imboscati sottoni

toglietevi le mutande

mostrateci i vostri schifi

impazzite la bestemmia

dio merda

nel nome di un'ammore troglodita

di un'utopia secolare

vi stringo, cara moglie, balocchini miei, su questi bordi è il disgelo...

babbo è vivo e vi pensa forte

è una domenica mattina di rondini nel cielo

e vi penso forte”.



Smarginare

Giovanni Blanco

Mi capita spesso di pensarmi altrove, oltre il bordo del presente. In uno spazio altro e ulteriore dove la parola rinvia inevitabilmente alla pittura, alla poesia, e trova pienamente quella necessità e familiarità con l'ordinario. Una condizione immaginata tanto straordinaria da essere percepita da un'ipotetica comunità come indispensabile. Come gesto politico vero, finanche.

È forse questo il luogo nel quale desiderare di vivere? E dove si trova? Mi dico sottovoce. Uno stato d'eccezione, una grazia che misura le altezze e le profondità secondo parametri di scambio e di confronto nuovi, per andare oltre, per sconfinare il più possibile, rinvigorendo il proprio immaginario.

Forse è allo spazio dell'utopia a cui mi riferisco? Sto facendo allusione a quel territorio in cui ciascun artista sborda, inciampa, esclama e declama tutte quelle idee (anche terribili) che fanno dell'Arte la "terra promessa" della visione?

Mi pare naturale che in questa terra ideale sia possibile afferrare il senso e l'appagamento sinceri nel vedersi riconosciuti come indicatori di un viatico: un territorio magico abitato da visionari e profeti, dove i dubbi e le domande si distillano fruttuosi al fine di innestare e disinnescare nelle coscienze di chi quel territorio lo vive quegli anticorpi-pensieri capaci di neutralizzare gli abbagli sensuali del tutto uguale a tutto.

Girando attorno a questo ragionamento, dopo aver vissuto per vent'anni a Bologna, l'essere ritornato in Sicilia - ho scelto Modica come luogo d'elezione - ha inevitabilmente comportato un ridimensionamento dell'offerta culturale in senso più ampio.

Purtuttavia, sull'isola mi è venuto più semplice dare spazio a quei bisogni e desideri intimi di condivisione con l'altro, liberando pure quell'urgenza della voce che si colloca in quegli "interstizi di solitudine e di silenzio" - per dirla con Deleuze -, animando gesti e forme in modo differente.

Il contatto sensibile con le piccole comunità è talvolta capace di intensificare le visioni a cui affidiamo le nostre esistenze, probabilmente a causa di quel senso di sottrazione che per diverse ragioni non può essere arginato, circoscrivendo, nel bene e nel male, ogni risultato raggiunto in un perimetro di possibilità e respiro più corti. Ma per me, sia detto chiaramente, a quarantaquattro anni suonati questo è l'unico modo per ritornare alle cose.

Mi domando ancora: dare sostanza a quel riflesso umanissimo che origina sempre dallo specchio del mondo, per scorgere quel fantasma e quel corpo che noi siamo, è forse il fine ultimo della nostra ricerca? Uno specchio simbolico e potente, non privo però di ambiguità e di polarità contrapposte, e tuttavia plastico, dove le parole e le immagini modellano il reale e si fanno risonanza estetica e morale tali da rinviare a una moltitudine di esperienze (e di sguardi?) per superare - quando va bene - quel gap che ci estranea dai clangori che animano le piazze e le strade di altre geografie.

 

Dalla Sicilia tutto mi appare più bello, e ciò mi pare un buon motivo per tentare di fare ancora un quadro: un quadro che smargini oltre la cornice, assumendo la forma di un pensiero critico.